If you haven’t been following along with the activities at Cartavetra, now is a great time to start! Located in the heart of the the Oltrarno in via Maggio, this gallery space also hosts frequent workshops and artist talks, and –take note printmakers– they even have a press in the gallery space that you can sign up to use for a small fee.
The founding members’ passion for illustration and printmaking keeps Cartavetra buzzing with an active line-up of shows by local and international artists throughout the year. Be sure to stop by the opening of Momento Flettente by Pietro Desirò on Friday, March 9.
Working with various etching techniques, Desirò combines his masterful technical abilities with a “pleasantly capricious” line that is rich in meaning which, according to curator Luca Sposato, traces both a physical and temporal space, creating an almost musical continuum for the viewer. The artist amplifies this multisensory effect with several video installations throughout the space. Scroll down to read more about the work in Italian.
Pietro Desirò: Momento Flettente
Opening March 9 at 6:30pm
Cartavetra
Via Maggio 64r
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MOMENTO FLETTENTE
La libertà illustrativa nell’arte è sinonimo di conquista.
La crociata dell’Artista ab illo tempore per affermare la propria dignità intellettuale e autoriale offre tutt’ora margini di riflessione esemplari per chi si affaccia a questo mestiere, l’unico al mondo che non si può scegliere, e per rievocare il bisogno umano e viscerale di sognare. Affatto scontato.
Se consideriamo il mondo antico, il ruolo dell’arte era certamente più funzionale e legato ad una simbologia precisa, dalle forme canoniche e codificate da uno studio selettivo del mondo naturale: le licenze artistiche si intravedevano maggiormente negli apparati decorativi, comunque ancorati ad un sapere matematico. La grottesca liberò piccole voglie immaginifiche, ma marginali. Nel medioevo si ha il primo autentico guizzo di fantasia, dovendo, per volere ecclesiastico a scopo di monito, rappresentare il Male. Non esisteva una vera e propria iconografia a riguardo, per cui in numerosi casi fu l’artista a escogitare virtuosi stratagemmi formali.
Nacque, in sostanza, un microcosmo visivo che dava volto a storie e leggende riuscendo a rendere più plastico e meno lirico addirittura il lavoro dei letterati, contribuendo ad alimentare l’ingordo immaginario collettivo.
L’evoluzione del ruolo dell’artista e l’importanza crescente del suo universo fantastico ha portato innovazioni e deformazioni nel campo estetico, tramutando il gusto e il senso della bellezza in una miriade di relazioni sociali: è la storia del mondo.
Premeva offrire questo preludio storico-romanzato per introdurre il lavoro così genuino e ricco di Pietro Desirò, caricando l’eredità che raccolgono le giovani promesse artistiche. Fedele ad un percorso di studi impregnato di tecniche calcografiche, Desirò conduce la sua sfrenata fantasia verso un astrattismo lucido e meticoloso, abbondante di segni. Distaccandosi da una precedente ricerca anatomica e narrativa, sorge il bisogno di un formalismo più liquido e impalpabile, ma accuratamente legato alla linea, alla traccia, sinonimo di un percorso fisico e temporale che l’autore sta affrontando; già introducendo i primi passi nella mostra si assapora la padronanza del tratto e un continuum quasi musicale, una partitura circolare a servizio di una libertà espressiva gradevolmente capricciosa. Nel flettere il segno inciso in interventi sempre più dinamici e sperimentali, non si poteva eludere dal fascino della casualità, rappresentata dalle bruciature di acido sulla carta e dalle barbe grafiche, impossibili da controllare, donando un tocco cromatico ed innalzando la composizione ad un tono più elaborato e multisensoriale. Il mondo di Desirò, geometricamente fiabesco, mostra chiaramente un’intenzione plastica, scultorea, quasi vivente, slanciandosi dalla carta drasticamente e animandosi in maniera sensibile e concreta, data la presenza di allestimenti video, sulla scia delle soluzioni di Escher, non per caso abile calcografo.
La forma cubica riecheggia il senso rigoroso proprio di ogni incisore, nonché la modularità sviluppata dalla tecnica, con qualche piccola licenza ludica, ma in linea con l’intuizione materica che quest’arte suggerisce, senza scomodare tutta la cultura artistica a riguardo, da Mondrian a Malevic a Munari. Il ritmo incalzante e frenetico si prende, proseguendo, una giusta pausa, un «flashback» se si preferisce, nel mezzanino con il torchio calcografico, esibendo un lavoro datato ma significativo, uscente da quel mondo acquatico e surreale sviluppato da Desirò agli esordi, in odore di Lovecraft, piuttosto interessante nella sua metateatralità di rappresentare il processo di stampa, sintetizzando nel piccolo spazio pertinente tutta l’escalation della mostra. Finale doveroso, le forme elicoidali che sublimano il movimento della ruota del torchio, un moto più gentile e cadenzato nonostante l’asprezza delle forme, quasi ipnotico, la bellezza di medusa che ci pietrifica senza che ce ne accorgiamo.
Luca Sposato